Federica Cocciro: ho raccontato me stessa attraverso le vite di chi ha influenzato la mia

La fotografa Federica Cocciro nasce a Milano nel 1989.

Nel suo percorso accademico compie studi umanistici frequentando parallelamente un corso in fotogiornalismo all’Istituto italiano di fotografia.

É interessata principalmente alla documentazione di tematiche sociali, attività svolta in collaborazione con la giornalista Francesca del Boca, e alla creazione di progetti personali, pubblicando sia su testate nazionali che su magazine internazionali. Dal 2018 collabora con Leica.

La sua ricerca si concentra sul vivere quotidiano, sulle origini e soprattutto sull’identità, tema tra l’altro su cui si struttura l’intero festival. 

Federica Cocciro sarà presente con il suo progetto fotografico “Wild strawberries” nella sede di Varese Vive. L’abbiamo intervistata e abbiamo scoperto come il mezzo fotografico possa raccontare la sua identità. 

Federica Cocciro
Come nascono i tuoi progetti fotografici, qual è il processo?

Nascono nei modi più disparati. Mi interessa indagare ciò che non conosco o su cui voglio riflettere meglio, sia che voglia affrontare un tema d’attualità, sia che voglia parlare per immagini di un aspetto personale della mia vita.

Voglio mettere ordine alle idee. Tutto ciò che creo parte sempre da una domanda.

 
Quali sono le tue fonti di ispirazione? 

Trovo che tutto sia fonte di ispirazione: i libri, i film, le fotografie degli altri, l’ambiente in cui vivo, gli ambienti in cui non vivo, le vite degli altri, le chiacchierate con le persone, i sentimenti, il passato.

Tutto ciò che ci circonda è fonte di ispirazione. La trovo una bella cosa inevitabile.

Federica Cocciro
Che cos’è per te l’identità?

L’identità è una combinazione di qualcosa di innato e la conseguenza naturale dell’influenza che il mondo esterno esercita su di noi.

È come noi recepiamo questa combinazione di eventi e la restituiamo al mondo che ci rende gli individui che siamo.

E come il mezzo fotografico può raccontarla?

Ho raccontato l’identità non rivolgendo la macchina fotografica verso di me, ma verso il mondo esterno.

Ho raccontato me stessa attraverso le vite di chi ha influenzato la mia, ma anche attraverso la rappresentazione di uno spazio e di un tempo a me cari in cui passato e presente si confondono. 

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