Fotografia e ironia nell’opera di Mattia Ciaf: ecco “Where’s Ciaf?”
A INSIGHT presenti “Where’s Ciaf?”, un progetto che riflette con ironia sull’overtourism, mescolando estetica pop, critica sociale e scomparsa dell’individuo nella folla.
C’è una fase che trovi particolarmente difficile o entusiasmante nel realizzare un’opera?
M.C.: La fase che trovo più entusiasmante è quella in cui un’intuizione personale si trasforma in un’immagine capace di attivare letture plurime. Con Dov’è Ciaf? , ad esempio, è stato bello scoprire quanto un gesto ironico travestirmi da Waldo e mimetizzarmi tra i turisti potesse attivare riflessioni profonde sulla nostra presenza nei luoghi e sul nostro impatto. La difficoltà sta nel bilanciare leggerezza e profondità, affinché l’ironia non banalizzi ma amplifica il senso critico dell’opera.
Qual è stato il punto di partenza che ti ha spinto a riflettere sull’overtourism attraverso l’estetica del “gioco”?
M.C: Tutto è nato da una sensazione di straniamento davanti a certe immagini di folle trovate su Tripadvisor: la spiaggia affollata, anziché evocare vacanza o relax, mi appariva come una trama visiva, una sorta di pattern umano che richiamava immediatamente i celebri disegni di Waldo. Mi sono accorto che, pur cercando di mantenermi critico e distaccato rispetto al turismo di massa, in realtà ne facevo parte anch’io. Questa consapevolezza mi ha spinto a entrare letteralmente nell’immagine, travestendomi da Waldo. Il “gioco” del nascondersi è diventato per me un modo per espormi, per dichiarare la mia complicità (e quella di tutti) e allo stesso tempo innescare una riflessione. Usare un linguaggio ludico è stato un modo per rendere visibile questa ambivalenza e parlare in modo accessibile di un meccanismo collettivo complesso.
Il telo da mare è più di un semplice oggetto d’uso: è un’icona del turismo balneare, un’estensione del corpo del turista sul paesaggio. Scegliere questo supporto significava per me accogliere e al tempo stesso ribaltare la logica del consumo turistico. L’immagine stampata non è solo da guardare, ma da abitare fisicamente: sdraiarsi su quella folla affollata, cercarsi o scomparire in essa, diventa un gesto quasi performativo. L’oggetto quotidiano si trasforma così in un veicolo di riflessione, un invito a prendere posizione.
La stampa su telo da mare è una scelta molto simbolica. Cosa rappresenta per te l’oggetto nel contesto dell’opera?
M.C.: Il telo da mare è più di un semplice oggetto d’uso: è un’icona del turismo balneare, un’estensione del corpo del turista sul paesaggio. Scegliere questo supporto significava per me accogliere e al tempo stesso ribaltare la logica del consumo turistico. L’immagine stampata non è solo da guardare, ma da abitare fisicamente: sdraiarsi su quella folla affollata, cercarsi o scomparire in essa, diventa un gesto quasi performativo. L’oggetto quotidiano si trasforma così in un veicolo di riflessione, un invito a prendere posizione.
In che modo credi che l’ironia possa essere uno strumento efficace di critica sociale?
M.C.: L’ironia è una chiave d’accesso potentissima: non respinge, ma coinvolge. Ti fa sorridere prima ancora di farti pensare. Con Dov’è Ciaf? , l’umorismo visivo serve da esca per una riflessione più amara: siamo tutti turisti, anche quando vorremmo essere viaggiatori consapevoli.
Hai mai ricevuto feedback da parte di turisti o persone che si sono riconosciute in quella folla? Se sì, Come hanno reagito?
M.C.: Purtroppo non mi è ancora capitato ma ammetto che mi piacerebbe molto.
Intervista a cura di Giada Budelli, stagista Scienze della Comunicazione, Università degli studi dell’Insubria