Photozine come installazione, di Annalisa Lenzi

Photozine come installazione, di Annalisa Lenzi

 

Dopo un percorso artistico iniziato con la pittura, ti sei avvicinata alla fotografia concettuale. Come questo background pittorico influenza il tuo approccio alla fotografia e alle installazioni visive? 

A.L.: Avvicinandomi all’arte da autodidatta, il mio percorso artistico è stato fondamentale e mi ha portato a oggi a usare la fotografia in modo più consapevole, più ragionato e magari meno “convenzionale”. Se si guardano dei miei progetti fotografici, come “E’ impossibile solo se pensi che lo sia”, dove mi ispiro ad Alice in Wonderland” per raccontare la guerra, l’inquinamento, la morte ma anche la speranza, si trovano tantissimi elementi dei miei quadri, però fotografati invece che dipinti. Mi riferisco, per esempio, a pesci volanti, cacciabombardieri che sganciano caramelle invece di bombe, strani esseri surreali composti anche da elementi naturali ecc. Trovo che l’anima delle mie fotografie sia la stessa di quella di una mia pittura o di una mia installazione, cambia solo il medium. 

Il titolo The Holy Fast Shot evidenzia la rapidità con cui le immagini vengono consumate. Qual è la tua riflessione sul ruolo della fotografia nell’era digitale e sulla velocità della fruizione delle immagini? 

A.L.: Noi siamo continuamente bombardati da immagini. Scrolliamo immagini che inevitabilmente scivolano poi via senza lasciare il segno. Scattiamo foto e selfie che poi si perdono nel momento che si cambia il cellulare. Quindi la fotografia, secondo me, sta perdendo uno dei suoi significati principali, cioè la documentazione e la memoria. Poi un altro punto è l’uniformità delle immagini. Foto scattate negli stessi luoghi perché “instagrammabili”, con lo stesso filtro perché è di moda ecc, e così e si ritorna al punto precedente: le immagini non rimango impresse. Importante quindi è ritornare a dare importanza allo scatto, come quando si fotografava a pellicola: lo sviluppo costava e quindi si ponderava molto di più il “click”. 

Hai realizzato The Holy Fast Shot anche in formato Photozine. Cosa ti attrae di questo formato editoriale e come pensi che influenzi l’esperienza dello spettatore rispetto a una tradizionale esposizione? 

A.L.: The Holy Fast Shot è stata la mia prima Photozine…e mi sono divertita moltissimo a realizzarla! È un processo impegnativo perché, se ci si occupa anche della progettazione e della realizzazione, si deve pensare ad ogni minimo dettaglio. Per esempio, ho inserito anche degli elementi grafici, a volte ritagliati, e tutto deve essere esatto ed in sintonia. Mi sono approcciata a questa fanzine come se fosse una piccola installazione. E credo che questo sia una delle peculiarità che mi piace molto in questa tipologia di presentazione. La Photozine ti avvicina ancora di più al progetto fotografico e a chi lo ha realizzato, ti avvolge. Ti permette di sfogliare e di toccare il progetto. È l’esatto opposto al consumo veloce delle immagini di cui parlavamo prima, e questo è meraviglioso!!

Intervista a cura di Laura Agostini, stagista Scienze della Comunicazione, Università degli studi dell’Insubria

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